lunedì 21 settembre 2020

Trilogia della scomparsa: una sintesi utile alla lettura

 I romanzo della trilogia di Roberta Salardi

TITOLO       Il corpo della casa

Il corpo della casa è strutturato come una piantina d’appartamento, presentando i capitoli come metafore delle varie stanze: un corridoio stretto, una stanza da letto, un salotto e così via. In ognuno di essi la protagonista Martina vive una situazione differente; per esempio, in  Letargo (la stanza da letto) è riportato il dialogo  con un artista suo ospite. Nell’ultimo capitolo, Sgabuzzino/Risposta della casa, è la casa stessa che parla (ça parle, direbbe Lacan): emerge l’inconscio nella voce delle pareti, dei tubi… che  “rinfaccia” alla narratrice-protagonista la sua storia, dopo averla triturata, frammentata, stravolta nel delirio e reinterpretata in forme confuse e molteplici.

A dispetto dei riferimenti spaziali della struttura, non manca un’evoluzione (o involuzione) della storia, una trama con i suoi climax e i suoi colpi di scena, che tuttavia ribadiscono una tendenza alla coazione a ripetere della protagonista. Tutto comincia con un’esperienza di separazione e un grave lutto, seppure dai contorni indefiniti e mutevoli; la trentacinquenne Martina deve trovare la forza di tirare avanti. Pare farcela, tuttavia col puntello di divagazioni schizofreniche. Improbabili impressioni e vaghe allucinazioni (nel suo caso “terapeutiche) in qualche modo la sostengono finché un nuovo incontro/confronto con un uomo non la mette alla prova in maniera dura come in passato. La breve convivenza con l’artista malato Fulvio la inchioda a un senso d’impotenza e di aridità che la spinge sempre più in un’area sensoriale-cognitiva diversa dal consueto. Ecco che prende corpo la sua piccola mitologia domestica fatta di un figlio metà animale metà vegetale, di voci materne che provengono dalle tubature ecc. Finché nell’ultimo capitolo la narrazione esplode, così come la logica razionale che finora in qualche modo ha tenuto insieme il filo del racconto, in una serie di discorsi dei personaggi immaginari che abitano la sua mente. Nel labirinto della Risposta della casa si riesce a individuare il filo d’Arianna di una voce materna che continua a rimproverarla per tutte le scelte della sua vita e il ricordo, rimosso, di traumi infantili.

 II romanzo della trilogia

TITOLO     Doppio diario

In Doppio diario le voci narranti sono due, quella di una madre cui si contrappone la voce della figlia in alcune fasi salienti della loro vita, le sole di cui resta traccia nei rispettivi diari. Ci troviamo così a leggere un testo frammentato e smozzicato, masticato da due personaggi, più volte interrotto e in alcuni punti cancellato e riscritto da una delle due narratrici, la figlia polemica nei confronti della madre.

Rispetto al primo romanzo-diario della trilogia, il secondo parrebbe proporsi come sua continuazione e imitazione, ma gli interventi critici della lettrice figlia lo trasformano e lo rendono qualcosa di diverso. Il secondo romanzo è intrapreso infatti dalla sorella della narratrice del primo diario-romanzo, che intende riprendere dal punto dove quello s’interrompeva e continuarlo con la propria storia, ma viene scoperto in un cassetto dalla figlia adolescente, che vi trova lo svelamento di segreti di cui era ignara e lascia a margine i suoi commenti. Anche per gli anni successivi permane l’accostamento delle due scritture, ovvero del diario materno e di alcune note sparse filiali. Doppio diario dunque, perché si presenta come copia del primo ma anche perché duplice in se stesso. Il tema dominante del lutto, della difficoltà di relazione, dell’ansia e dell’ambivalenza, incentrato in questo volume intorno all’assenza del padre e alla scomparsa del compagno della madre, si carica di maggiore aggressività per la contrapposizione di due voci antagoniste.

Tutti e tre i romanzi della trilogia sono romanzi regrediti a diari e traforati da molti spazi bianchi, segno visibile del vuoto che rode, corrode, come un roditore instancabile il testo, aggredendo i discorsi di tutte le voci narranti. La frequente sospensione dei tre puntini potrebbe essere assimilata all’immagine di esili ponti sul vuoto. Gli spazi bianchi sono forse anche simbolo della pulsione di morte, logoramento continuo, autodistruttività che costeggia e fa da sfondo al flusso verbale. Merletto con molti buchi.

 III romanzo della trilogia

TITOLO        Nell’altra stanza

Un giovane laureato in filosofia, costretto da un incidente a una temporanea immobilità accanto alla stanza della madre malata, inizia a tenere un diario che riporta anche brevi stralci di conversazioni tenute on-line con gli amici Andrea, suo omonimo ex compagno di sbronze e di studi, e Virginia, una internauta mai incontrata di persona (la figlia nel romanzo precedente). L’amico gli invia fra le altre cose il racconto di una propria singolare “esperienza estrema”: un mese trascorso in volontario isolamento al buio.

Alla morte della madre, che vuole seppellire personalmente in un bosco dopo una fuga delirante col cadavere nella notte, il protagonista si allontana definitivamente da casa portando con sé (come per una ritualità molto arcaica) una reliquia, un dito del corpo di lei, nel tentativo di reinventarsi un rito funebre.

Trova lavoro come pony express a Francoforte, luogo sacro per le sue memorie culturali, divenuto capitale della finanza. Ormai senza ambizioni ma per un insopprimibile desiderio di conoscenza, s’iscrive a tempo perso a un corso universitario, fra incubi notturni, abbozzi di riflessioni non concluse, dialoghi con personaggi immaginari, come il Kirillov di Dostoevskij o Duda, una ragazza straniera che non esiste.

Prima di tornare a frequentare gli amici, scriverà un abbozzo di utopia, dove la Città ideale talvolta pare interrogarlo come una Sfinge.

Due tronconi narrativi, più ampi di altri episodi disseminati nel testo, due cellule immaginative di maggiore consistenza e potenzialmente germinative di trama, che corrispondono ai capitoli Notturno e La città ctonia, sono immersi in un brodo colturale di associazioni, riflessioni, citazioni letterarie e filosofiche appartenenti al mondo degli studi dei due narratori intradiegetici, i quali si chiamano curiosamente allo stesso modo, Andrea e Andrea.

La macerazione-stagnazione diaristico-meditativa toglie velocità, movimento al progredire di un racconto, che infatti in alcune sue parti rimane impantanato in un’evidente difficoltà- impossibilità a svolgersi, a svilupparsi. Ma la sfida dei protagonisti a se stessi è proprio quella di riuscire a muoversi e addirittura di fare passi avanti.

 

 Il volume, edito da Effigie edizioni, è in libreria dal 23 settembre 2020

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