Ho tolto il relitto dal giardino, mamma
impediva all'erba di crescere
questa è la mia casa
qui ci sono i miei figli
ho aperto il cancello e l'ho lasciato andare
E' difficile costruire un cancello,sai?
Ancora più che metterci dietro una casa
che sia la tua casa
senza lavoro non c'è mutuo
ma per questa mia casa
c'è voluto un muto lavoro
è stato quello
che mi ha insegnato a parlare.
La
poesia nasce da un momento di sollievo perché l'io del poeta pare essersi
liberato di un peso: il relitto che impediva addirittura all'erba di crescere non c'è più, l'io narrante ha forse trovato il modo di metterlo
fuori dal cancello ("lasciato andare" è ben detto poiché allude
anche a una vita e volontà propria che il relitto ancora possiede).
Il
cancello inizialmente viene mostrato aperto, ma nei versi successivi la
situazione sembra ribaltata: il cancello acquista valore per la sua funzione
difensiva per casa e figli (il relitto potrebbe anche tornare
indietro? qualche altra minaccia potrebbe profilarsi all'orizzonte?). Il
cancello passa in primo piano rispetto alla casa stessa, il che fa pensare
che la posizione difensiva per l'autore sia molto importante, insomma sia la sua
posizione, con un cancello difficile da costruire, una difesa che gli si
presenta difficile giorno per giorno.
La
poesia aperta dalla leggerezza di quel cancello che si apre e di quella cosa
pesante in giardino che esce come in volo, nella seconda parte è piegata da un
senso di pesantezza, veicolato dal tema del lavoro, del mutuo, delle fatiche
quotidiane.
La
chiusa rimanda a una saggezza che il protagonista evidentemente dimostra aver
acquisito nel corso di una vita carica di fardelli (il lavoro "muto",
che non si lascia sfuggire proteste ma tira avanti in silenzio per tesaurizzare energie; il mutuo,
che è un'ipoteca sull'avvenire, un vincolo destinato a durare; quel relitto non
meglio identificato che appare all'inizio ma getta la sua ombra sull'intero
componimento).* L'unico elemento di forza, l'unica difesa che alla fine pare
trovata dall'autore è la parola, che si libera e libera, si libra al di sopra
della pesantezza del vivere.
* Un richiamo a un altro episodio di mutismo, quello di Giona nella Bibbia, commentato da Paul Auster: a un certo punto Giona si rifiuta di parlare ("Ora la parola del Signore discese su Giona... Ma Giona si alzò e fuggì dalla presenza del Signore"); nella fuga viene inghiottito da una balena. "... colui che ricerca la solitudine ricerca il silenzio; colui che non parla è solo; solo, fino alla morte stessa (...) Apprendiamo che Giona rimase nel ventre del pesce per tre giorni e tre notti (...) ossia i tre giorni in cui un uomo resta nella sua tomba prima che il corpo si distrugga e quando infine il pesce vomita Giona sulla terraferma, egli è reso alla vita, come se la morte che ha trovato nel ventre dell'animale fosse una preparazione a una vita nuova, una vita che è transitata attraverso la morte, e che dunque alla fine può parlare. Perché è la morte che sgomentandolo gli ha dischiuso le labbra." (L'invenzione della solitudine, Einaudi, Torino 2015, pagg 125-126). In questa poesia di Christian Tito la prova difficile, il passaggio nel regno della morte è dato dall'esperienza lavorativa.
* Un richiamo a un altro episodio di mutismo, quello di Giona nella Bibbia, commentato da Paul Auster: a un certo punto Giona si rifiuta di parlare ("Ora la parola del Signore discese su Giona... Ma Giona si alzò e fuggì dalla presenza del Signore"); nella fuga viene inghiottito da una balena. "... colui che ricerca la solitudine ricerca il silenzio; colui che non parla è solo; solo, fino alla morte stessa (...) Apprendiamo che Giona rimase nel ventre del pesce per tre giorni e tre notti (...) ossia i tre giorni in cui un uomo resta nella sua tomba prima che il corpo si distrugga e quando infine il pesce vomita Giona sulla terraferma, egli è reso alla vita, come se la morte che ha trovato nel ventre dell'animale fosse una preparazione a una vita nuova, una vita che è transitata attraverso la morte, e che dunque alla fine può parlare. Perché è la morte che sgomentandolo gli ha dischiuso le labbra." (L'invenzione della solitudine, Einaudi, Torino 2015, pagg 125-126). In questa poesia di Christian Tito la prova difficile, il passaggio nel regno della morte è dato dall'esperienza lavorativa.
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