Naomi Alderman in Ragazze elettriche deve inventarsi un superpotere femminile da supereroine dei fumetti per rappresentare un mondo dove le donne siano dominanti. Per una sorta di mutazione genetica donne dell'intero pianeta e di tutti gli strati sociali si trovano arricchite di una capacità fisica che permette loro di difendersi da stupratori, molestatori e oppressori vari con semplici scariche elettriche. Dotate di questa nuova potenzialità gruppi di donne, nuove amazzoni, riescono persino ad affrontare eserciti e a ribaltare il rapporto fra i sessi, caratterizzato per migliaia e migliaia di anni con varie sfumature dal dominio maschile.
Romanzo pubblicato in Gran Bretagna nel 2016, in Italia nel 2017 (Nottetempo, Milano), che cosa lascia intendere dell'ambito sociale di cui è frutto?
Sicuramente un forte desiderio di rivalsa. Nonostante i diffusi diritti civili e lo sviluppo della libertà di costumi delle metropoli postmoderne, s'intuiscono dinamiche psicologiche ancora classiche e arcaiche in cui per esempio la violenza e le molestie sessuali sono all'ordine del giorno, più o meno sotto gli occhi di tutti; in cui i dirigenti amministrativi e aziendali fanno la voce grossa e tengono al loro posto le dirigenti e le collaboratrici, anche quando queste manifestano idee brillanti, e così via: comportamenti cui siamo abituati a tal punto da non fare notizia, salvo divenire oggetto di una denuncia virale e globale con Metoo nel 2017. A suscitare le ondate di protesta degli ultimi due anni anche la crisi economica senz'altro ha avuto la sua parte, determinando un peggioramento della condizione della donna e un acuirsi del senso di sconfitta nonostante le conquiste del passato, arretramento reso più drammatico da quel fenomeno così esteso in alcune aree dell'Europa e dell'America latina da meritare una denominazione precisa: femminicidio.
Nel testo di Alderman la forza fisica, la possibilità di violenza sul corpo, si conferma come ciò che fa la differenza e che in effetti è ciò che può risultare decisivo nei rapporti personali stretti, quando si è sole con l'altro. La cultura e le società umane diventano sempre più complesse ed esigenti nei confronti delle capacità intellettuali e relazionali, tuttavia è la forza fisica che continua a giocare un ruolo decisivo nella sua lettura della società: dagli Stati Uniti alla Moldavia, dall'Arabia Saudita all'India gruppi sempre più estesi di donne riescono a ribellarsi laddove sono più oppresse e a farsi valere grazie a una potente energia che solo il corpo femminile può sprigionare come un'arma più veloce ed efficace della forza muscolare maschile o delle armi da fuoco. Sono personagge, queste del romanzo, che, seppur superdotate, non si rivelano del tutto eccezionali: nella conquista e nella gestione del potere non si dimostrano né peggiori né migliori degli uomini. E' dai pericoli incontrollabili legati al potere che vuole metterci in guardia Alderman. E anche questo ci dice qualcosa della società in cui viviamo. Forse si avverte la sensazione che alcuni gruppi o persone stiano accumulando troppo potere, che esso sia troppo concentrato in poche mani.
Usciamo dal racconto e guardiamo alla preistoria e alla storia: la differenza anatomica fra i sessi è ciò che per tanto tempo ha fatto la differenza: la gestazione, il parto e l'accudimento dei figli ha gravato sulle femmine della specie. La differenza degli apparati riproduttivi ha portato con sé un destino di divisione del lavoro e di ruoli nella società che ben conosciamo, tuttavia, una volta liberatesi della maternità come unica funzione e ragione di vita, le donne hanno potuto sviluppare tutte le loro potenzialità. Con molti se e molti ma. Grava su tutto un altro fattore discriminante: la differenza di classe. La maggiore oppressione, da sempre esercitata da alcuni su altri, è ancora lì davanti a tutte e tutti.
La sensazione che ho avuto io, nata ben dopo il 1945, nel corso dell'esistenza, in un Paese dove ho potuto studiare, trovarmi un lavoro, muovermi liberamente nella città senza restrizioni, è che la grande ingiustizia che ci opprime tutt* sia la diseguaglianza delle classi, l'aumento del divario fra ricchi e poveri, la riduzione della spesa pubblica, quindi anche del valore dato all'istruzione, alla cultura, alla formazione, alla ricerca (a quelle forze trasformative e innovative che permettevano in altre epoche un miglioramento e un ricambio di chi occupava posizioni dirigenziali), a tutto vantaggio del profitto di pochi, del nepotismo o familismo, per cui i ruoli di potere e di privilegio tendono a essere conservati e spartiti in nuclei parentali e amicali ristretti, dove i privilegiati lo erano già prima e si confermano tali. Tale considerazione deriva dalla mia diretta esperienza, da quello che visto, sentito raccontare e vissuto nel corso della vita. Nella società si evidenzia sempre più la faglia profonda della diseguaglianza dovuta all'estrazione sociale, che viene confermata anziché attenuata nel tempo. Un esempio per tutti, la scuola: per più di una generazione ha costituito la maggiore opportunità di ascesa sociale e adesso a detta degli osservatori e commentatori non svolge più questa funzione.
Tuttavia i dati statistici parlano chiaro: la differenza di genere è ancora marcata e accentua gli svantaggi per le donne. Non si può negare che permanga una resistenza maschile a cedere posizioni di comando, nonostante celebri eccezioni costituite da donne presidenti, prime ministre, governatrici, sindache, scienziate, astronaute, ricercatrici, saggiste, scrittrici, artiste e così via. Nella discriminazione di genere per fortuna s'intravedono falle, eccezioni, mutamenti e allo stesso modo si potrebbe parlare a proposito della discriminazione razziale. Ma anche qui non mancano amare constatazioni. Per fare solo un esempio: al tempo della presidenza Obama negli Usa si sono susseguite una serie di manifestazioni contro la diseguaglianza sociale e razziale in cui molti ragazzi di colore sono rimasti uccisi. Questo conflitto s'intreccia con gli altri, come già sottolineava negli anni passati Angela Davis, recentemente ristampata in Italia dalle edizioni Alegre (Donne razza e classe, Roma 2018).
Nei momenti più oscuri della storia la perdita di diritti avanza su tutti i fronti.
Nel testo di Alderman la forza fisica, la possibilità di violenza sul corpo, si conferma come ciò che fa la differenza e che in effetti è ciò che può risultare decisivo nei rapporti personali stretti, quando si è sole con l'altro. La cultura e le società umane diventano sempre più complesse ed esigenti nei confronti delle capacità intellettuali e relazionali, tuttavia è la forza fisica che continua a giocare un ruolo decisivo nella sua lettura della società: dagli Stati Uniti alla Moldavia, dall'Arabia Saudita all'India gruppi sempre più estesi di donne riescono a ribellarsi laddove sono più oppresse e a farsi valere grazie a una potente energia che solo il corpo femminile può sprigionare come un'arma più veloce ed efficace della forza muscolare maschile o delle armi da fuoco. Sono personagge, queste del romanzo, che, seppur superdotate, non si rivelano del tutto eccezionali: nella conquista e nella gestione del potere non si dimostrano né peggiori né migliori degli uomini. E' dai pericoli incontrollabili legati al potere che vuole metterci in guardia Alderman. E anche questo ci dice qualcosa della società in cui viviamo. Forse si avverte la sensazione che alcuni gruppi o persone stiano accumulando troppo potere, che esso sia troppo concentrato in poche mani.
Usciamo dal racconto e guardiamo alla preistoria e alla storia: la differenza anatomica fra i sessi è ciò che per tanto tempo ha fatto la differenza: la gestazione, il parto e l'accudimento dei figli ha gravato sulle femmine della specie. La differenza degli apparati riproduttivi ha portato con sé un destino di divisione del lavoro e di ruoli nella società che ben conosciamo, tuttavia, una volta liberatesi della maternità come unica funzione e ragione di vita, le donne hanno potuto sviluppare tutte le loro potenzialità. Con molti se e molti ma. Grava su tutto un altro fattore discriminante: la differenza di classe. La maggiore oppressione, da sempre esercitata da alcuni su altri, è ancora lì davanti a tutte e tutti.
La sensazione che ho avuto io, nata ben dopo il 1945, nel corso dell'esistenza, in un Paese dove ho potuto studiare, trovarmi un lavoro, muovermi liberamente nella città senza restrizioni, è che la grande ingiustizia che ci opprime tutt* sia la diseguaglianza delle classi, l'aumento del divario fra ricchi e poveri, la riduzione della spesa pubblica, quindi anche del valore dato all'istruzione, alla cultura, alla formazione, alla ricerca (a quelle forze trasformative e innovative che permettevano in altre epoche un miglioramento e un ricambio di chi occupava posizioni dirigenziali), a tutto vantaggio del profitto di pochi, del nepotismo o familismo, per cui i ruoli di potere e di privilegio tendono a essere conservati e spartiti in nuclei parentali e amicali ristretti, dove i privilegiati lo erano già prima e si confermano tali. Tale considerazione deriva dalla mia diretta esperienza, da quello che visto, sentito raccontare e vissuto nel corso della vita. Nella società si evidenzia sempre più la faglia profonda della diseguaglianza dovuta all'estrazione sociale, che viene confermata anziché attenuata nel tempo. Un esempio per tutti, la scuola: per più di una generazione ha costituito la maggiore opportunità di ascesa sociale e adesso a detta degli osservatori e commentatori non svolge più questa funzione.
Tuttavia i dati statistici parlano chiaro: la differenza di genere è ancora marcata e accentua gli svantaggi per le donne. Non si può negare che permanga una resistenza maschile a cedere posizioni di comando, nonostante celebri eccezioni costituite da donne presidenti, prime ministre, governatrici, sindache, scienziate, astronaute, ricercatrici, saggiste, scrittrici, artiste e così via. Nella discriminazione di genere per fortuna s'intravedono falle, eccezioni, mutamenti e allo stesso modo si potrebbe parlare a proposito della discriminazione razziale. Ma anche qui non mancano amare constatazioni. Per fare solo un esempio: al tempo della presidenza Obama negli Usa si sono susseguite una serie di manifestazioni contro la diseguaglianza sociale e razziale in cui molti ragazzi di colore sono rimasti uccisi. Questo conflitto s'intreccia con gli altri, come già sottolineava negli anni passati Angela Davis, recentemente ristampata in Italia dalle edizioni Alegre (Donne razza e classe, Roma 2018).
Nei momenti più oscuri della storia la perdita di diritti avanza su tutti i fronti.
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