venerdì 10 ottobre 2025

Una donna che riesce a non essere triste

Un bel libro di un piccolo editore indipendente (Exòrma) passato quasi inosservato: La donna che pensava di essere triste di Marita Bartolazzi (Roma, 2017). Il testo onirico e fiabesco è stato paragonato, nelle poche recensioni ricevute, ad Alice nel paese delle meraviglie, ma a me pare vicino a una fiaba moderna, che ha sullo sfondo una società alienata cui la protagonista cerca di sottrarsi non inserendosi in contesti definiti, non riferendosi mai a nulla di concreto, e rifugiandosi in un mondo immaginario e protetto. I personaggi con cui si relaziona, sebbene fantastici come gli animali parlanti, evocano figure di un mondo domestico che potrebbe appartenere a tutti: figli che qui appaiono e scompaiono lasciati a giocare al Supermercato; un Monumento che potrebbe somigliare a un fidanzato, perché si prende il tè con lui e vorrebbe trasferirsi a casa della donna; una Venditrice di liquerizia dell'infanzia; un Sarto che tiene comizi e inaugura un museo, il quale sottolinea la necessità di passare all'età adulta con il proprio corredo di abiti da lavoro. Nel discorso del Sarto nelle pagine finali del libro, in questo richiamo alla realtà, mi pare percepibile un'ironia che allude ai limiti molto marcati dei nostri sogni. 

La "donna che pensava di essere triste", per tentare di attenuare la sua tristezza, un po' come facciamo noi nel mondo reale, fa un viaggio, sogna altri viaggi, va al Supermercato essenzialmente per comprare sogni, cerca altre sé stessa perse e talvolta dimenticate, ha un Gatto serafico e saggio che le parla e riesce a consolarla senza alcuno sforzo.